Cagli

Graziosa cittadina ricca di monumenti, posta lungo l'antica via Flaminia (47 km dal mare), alle pendici del monte Petrano (m.1163), là dove il torrente Bosso si unisce al Burano.
È l'antica Cale che sotto il dominio bizantino (sec. VI) fu uno dei capisaldi (insieme con Gubbio, Urbino, Fossombrone e Jesi) della Pentapoli interna o montana. Le sue origini, comunque, sono molto più antiche come testimoniato da numerosi reperti, tra i quali i noti bronzetti etrusco-italici (IV sec. a.C.), scoperti tra i resti di un santuario pagano, insieme con la cosiddetta 'testa di Cagli'. Come città Cagli è già annoverata nell'atto di donazione del re Pipino il Breve a favore della Chiesa romana (anno 756). Si tratta della stessa città parzialmente distrutta dal fuoco appiccato dalla fazione ghibellina per sottrarla al potere della fazione guelfa (1287). Sotto la protezione di Papa Niccolò IV fu traslata appena due anni dopo (1289) dalle propaggini del monte Petrano e ricostruita nel sottostante pianoro, inglobando gli edifici religiosi e civili preesistenti che ne costituivano il borgo. Costituito nel XII secolo il libero comune, Cagli si distinse per una politica aggressiva che la portò ad assoggettare oltre cinquanta castelli, snidandone la nobiltà rurale e fronteggiando gli abati delle potenti abbazie dei suoi dintorni. Finì comunque incorporata entro i confini del ducato di Urbino così che Federico da Montefeltro la fece fortificare (1481) da Francesco di Giorgio Martini con la costruzione di un'imponente Rocca, posta sul colle dei Cappuccini, oggi purtroppo scomparsa (fatta eccezione per pochi ruderi) e collegata con un passaggio sotterraneo all'imponente Torrione a pianta ellittica tuttora esistente a valle e sede del recente Centro per la Scultura Contemporanea. All'epoca montefeltresca risalgono anche i lavori di adattamento del medievale Palazzo Pubblico (oggi sede del Comune e del Museo Archeologico) a residenza ducale e tutta una serie di trasformazioni di antichi edifici, proseguite anche in seguito. Del periodo medievale restano la chiesa di S.Francesco e la chiesa di S.Domenico, entrambe con interni ad aula arricchiti di tele a affreschi. Altre chiese degne di nota sono la Cattedrale, quasi interamente ricostruita nel sec. XVIII, S.Angelo minore, S.Pietro, S.Maria della Misericordia, S.Giuseppe, S.Chiara, S.Filippo e S.Bartolomeo, tutte ricche di opere d'arte, comprese diverse tele del noto pittore cagliese Gaetano Lapis (1706-1773). Fra gli edifici civili vanno almeno citati il quattrocentesco Palazzo Preziosi-Brancaleoni e il cinquecentesco Palazzo Tiranni-Castracane, oltre all'ottocentesco Teatro Comunale con ricca sala a palchetti. Monumento romano di grande rilevanza è infine il Ponte Mallio sul torrente Bosso il cui fornice centrale con relativi contrafforti a grandi blocchi di pietra viene fatto risalire all'epoca repubblicana. Nell'ambito del territorio comunale, in località Monte Martello, sorge l'interessante santuario di S.Maria delle Stelle, edificato nel 1475 e che ingloba una celletta preesistente impreziosita da affreschi trecenteschi.
Località del cagliese degna di nota è Pianello, sito ai piedi del monte Nerone (m.1525), là dove il Certano, il Giordano e il Fiumicello confluiscono tra loro per dar vita al Bosso. Un insieme raro di varietà paesaggistiche e particolarità naturalistiche (grotte, gole, fossili) che si fondono con le brughiere e le faggete delle Serre di Burano.

tratto da http://www.turismo.pesarourbino.it/elenco/comuni/cagli.html

TEATRO COMUNALE

Nel 1878 con l’opera il Violino del Diavolo (composta per l’occasione dal Mercuri) ha inizio l’attività della terza struttura teatrale cittadina che conserva le macchine teatrali ottocentesche insieme alla dotazione di fondali e quinte di Girolamo Magnani: lo scenografo preferito di Giuseppe Verdi. Eretto su progetto di Giovanni Santini (autore dei teatri di Orvieto e Narni) con modifiche di Coriolomo Monti, l’edificio è l’apoteosi dello stile eclettico e le decorazioni interne, opera di Alessandro Venanzi, sorprendono tanto per il fasto dell’insieme quanto per la qualità dei dettagli. La volta della Sala (con la lumiera della bottega di
Francesco Pucci) reca le figure allegoriche delle Arti liberali. Per il sipario Venanzi utilizza il fatto storico del 1162 con Federico Barbarossa accampato nei pressi della città. Il Teatro Comunale, nel quale ha debuttato Mario del Monaco, è  uno dei fulcri regionali dell’attività spettacolare d’arte. Qui le compagnie allestiscono e provano i loro spettacoli che poi vanno in scena nei maggiori teatri d’Italia. Così l’esperienza dello spettacolo dal vivo e dell’arte scenica riempiono tutto l’anno il palcoscenico cagliese e la città.
 

TORRIONE-SOCCORSO COVERTO-ROCCA E CENTRO DI SCULTURA CONTEMPORANEA 

In costruzione nel 1481 il complesso fortificato fu ideato, per il duca Federico da Montefeltro, da  Francesco di Giorgio Martini. Il geniale architetto nel suo Trattato cita per prima, tra le sei rocche emblematiche, quella di Cagli con una minuzia di particolari che tradisce un certo compiacimento. Suggestivo è il camminamento segreto detto “soccorso coverto” che collega il Torrione ai poderosi ruderi della Rocca romboidale (smantellata nel 1502).  La fortificazione appartiene al fecondo periodo di transizione quando artisti della fatta di Francesco di Giorgio Martini sperimentavano innovative soluzioni per fronteggiare l’impiego delle armi da fuoco. Nelle sale (che come una scultura si direbbero realizzate per sottrazione della materia) è dal 1989 il Centro di Scultura Contemporanea con opere realizzate ad hoc da artisti di fama internazionale quali: Alamagno, Coletta, Gastini, Icaro, Kounellis, Lorenzetti, Mattiacci, Nagasawa, Nunzio, Paolini, Porcari, Uncini, Zorio.

 

CHIESA DI SAN FRANCESCO  

La chiesa, del 1234, è il cardine attorno al quale nel 1289 Cagli, con la protezione del primo papa francescano, è stata ricostruita. Il portale marmoreo con architrave a incastro e colonne tortili e lanceolate (e la civetta stilizzata in basso a sin.) è del 1348. All’interno con il recente smontaggio del catino absidale ottocentesco è tornato alla luce il sovrastante catino medioevale con il ciclo di affreschi degli anni ‘40 del Trecento (con influssi del senese Ambrogio Lorenzetti) ritenuto il capolavoro di Mello da Gubbio. In controfacciata i due frammenti di affreschi trecenteschi sono d’ambito del Maestro di Montemartello. Sugli altari laterali le opere maggiori sono da destra in senso antiorario: due frammenti di affreschi incorniciati, già assegnati ad Antonio Alberti da Ferrara, ora attributi al Secondo Maestro dell’Oratorio del Battista di Urbino; i miracoli della neve di Ernst van Schayck (databile al 1617) e del giovane Gaetano Lapis (datato 1730); il Crocifisso ligneo processionale, di scuola nordica, della seconda metà del XV secolo; la pala (verso la cantoria) di Raffaellino del Colle (del 1540). A lato del più antico organo delle Marche della seconda metà del Cinquecento (attribuito a Baldassarre Malamini) è, a sin., una delle tre tempere di Battaglini da Imola del 1529 (le altre due a lato altar maggiore). Nell’antistante piazza la statua bronzea di Angelo Celli, posta nel 1959 dinanzi al loggiato del 1885, è dello scultore Angelo Biancini.

 

CHIESA DI SANT’ANGELO MINORE  

Oltrepassata la loggetta rialzata di linguaggio quattrocentesco (anche se compiuta nel 1560) è l’elaborato altar maggiore della prima metà del Seicento in legno dorato e laccato con grandi colonne salomoniche e la tavola firmata “THIMOTHEI DE VITE URBINAT. OPUS” raffigurante il Noli me tangere. Si tratta del più importante lavoro di Timoteo Viti (allievo del Francia) insieme all’opera realizzata per il mausoleo dei duchi d’Urbino. Il dipinto con una cromia che assume una profondità gemmea e tonalità quasi smaltate e figure dagli evidenti influssi raffaelleschi è definito da Vittorio Sgarbi “un capolavoro sublime” che “appare in questo oratorio non grande come una visione”. Quest’opera del Viti (che affianca Raffaello in importanti imprese) è stato datato (da Cuppini Sassi) all’anno 1504.

 

PALAZZO PUBBLICO  E MUSEO ARCHEOLOGICO

 Piazza Matteotti, l’antica piazza Maggiore, è dominata dal duecentesco Palazzo Pubblico eretto quale sede della magistratura cittadina. L’edificio, al quale fu accorpato il palazzo del Podestà (la facciata monumentale prospetta su Via Alessandri), fu donato nel 1476 dal Comune a Federico da Montefeltro il quale commissionò a Francesco di Giorgio Martini i lavori (mai completati) di trasformazione in palazzo ducale. Di questo periodo sono: l’abbassamento dell’ingresso rialzato,  l’erezione di una loggia (della quale restano i peducci ed il seditoio) e delle sale voltate del pianterreno. Sul fronte il campo dell’orologio del  1575 è opera dei Finale mentre la statua della Madonna con Bambino del 1680 fu commissionata a Venezia. A lato del disadorno ingresso sono tre unità di misura (piede, braccio e canna) alle quali va abbinato il tronco di colonna romana (detto il “quarto cagliese”) posto all’interno della grande Sala del pianterreno. Qui nella lunetta della parete di fondo è l’affresco, databile al 1536, della Madonna col Bambino, San Michele Arcangelo e San Geronzio attribuito a Giovanni Dionigi. Nella Sala sono esposti (quale estensione del Museo Archeologico) reperti quali stemmi ducali (feltreschi e rovereschi) e comunali (con San Michele Arcangelo) insieme ad una raffinata coppia di delfini. Dalla Sala si accede (porta a sin. dell’ingresso di piazza) alle “Segrete” del Palazzo con frammenti ceramici rinvenuti durante lo scavo e reperti lapidei medioevali quali: uno stemma podestarile, capitelli, un rosone, una decorazione a girali e i “tomboli” dell’acquedotto comunale. Verso l’esterno, poi, della Sala del General Consiglio il passaggio ricavato al di sotto dell’affresco, è rimarcato da un portale quattrocentesco con, a bassorilievo, i simboli federiciani. Da qui si accede al cortile (con al centro la scultura  Ordine cosmico del 1997 di Eliseo Mattiacci) e al Museo Archeologico e della Flaminia (in corso di ampliamento) sistemato negli spazi del duecentesco palazzo del Podestà. Al centro di Piazza Matteotti è la fontana eseguita nel 1736 da Giovanni Fabbri su disegno di  Anton Francesco Berardi junior.


CHIESA DI SAN GIUSEPPE 

La chiesa già di Sant’Angelo Maggiore (cara alla magistratura cittadina) ha volta a botte ornata da stucchi manieristici. Le pitture del Cialdieri, riprese dal Patanazzi, raffigurano momenti  della vita di San Giuseppe correlati alle figure ad altorilievo (re, patriarchi e personaggi biblici) che, poste entro nicchie, ritmano lo spazio. Al centro della volta è la Carità alla quale, fra telamoni, si uniscono le altre virtù teologali. Nei due altari laterali della seconda metà del Cinquecento, con ornati lapidei dei Finale, sono le statue in stucco di San Giuseppe e dell’Addolorata. Nell’altare maggiore è l’Arcangelo Michele del Lapis datato 1764, tra affreschi seicenteschi di Girolamo Cialdieri.


BASILICA CATTEDRALE  

Fu ridisegnata, nel corso di un secolo, a partire dal 1646. Della struttura medioevale sul lato sin. è il portale gotico del 1424 di mastro Antonio di mastro Cristoforo da Cagli con pittura seicentesca di Lodovico Viviani da Urbino. A seguito del terremoto del 1781 l’alta cupola di Pietro Giacomo Patriarca è sostituita con l’odierno catino. Su disegno del 1790 di Giovanni Antinori si realizza anche l’edicola ottagonale in mattoni del campanile. Le opere principali sono: nella navata destra le pale di Gaetano Lapis del 1758 (2° cappella) e di Sebastiano Conca del 1720 (3° cappella); nel transetto, I Santi protettori di Luigi Garzi del 1704 e la Madonna col Bambino, San Pietro e San Giovanni Battista commissionata nel 1695 dai Medici di Firenze ad un Nasini; nella Cappella del SS.mo Sacramento le due tele di Gaetano Lapis del 1754 e 1756; nella navata sinistra l’Annunciazione della Bottega del Barocci, il frammento d’affresco del XVI sec. dell’Immacolata Concezione attribuito a Giuliano Persciutti da Fano (ma forse di Dionigi da Cagli) con nel timpano dell’altare il seicentesco Padre Eterno del locale Giambattista Gambarini. L’organo è di Nicola Morettini del 1889.

CHIESA DI SAN DOMENICO   

Edificata dai Celestini dopo la traslazione della città del 1289 si presenta con il portale di facciata del 1483, abside del 1655 e campanile del 1654. All’interno dell’aula (a sin.) di Giovanni Santi, padre di Raffaello, sono: il monumento funebre del 1481 con l’affresco del Cristo nel Sarcofago fra San Gerolamo e San Bonaventura e la nota Cappella Tiranni considerata il suo capolavoro. Eseguita nei primi anni ‘90 l’opera presenta, a lato del trono della Madonna,  un angelo che volge lo sguardo al di là della scena, tradizionalmente ritenuto il ritratto di Raffaello bambino, mentre il volto San Giovanni Battista combacerebbe con l’autoritratto del Pittore. Il divino Raffaello cita entrambe le opere paterne in due suoi lavori giovanili. Dall’altro lato dell’aula entro una nicchia è la cinquecentesca Annunciazione già attribuita a Girolamo Genga e recentemente a Timoteo Viti per la scena dell’annuncio. A lato è la Presentazione al Tempio di Gaetano Lapis. Dallo strato d’intonaco del 1576 riemergono affreschi trecenteschi. Nell’ampia cripta (scala a lato della Cappella Tiranni) è il ciclo d’affreschi di Antonio Viviani (1560 - 1629).
 

Testi tratti dal depliant del Comune di Cagli